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ORARI DI APERTURA AL PUBBLICO:
Tutti i giorni dalle ore 8.30 alle ore 19.30
COSTO BIGLIETTO: - Prezzo biglietto ordinario: € 1,50 (uno/50)
- Per bambini fino a 10 anni: ingresso gratuito - Per soggetti con età superiore ad anni 70: ingresso gratuito
- Per i soggetti portatori di handicap evidente o con relativa certificazione medica, nonché per il relativo accompagnatore (non più di uno): ingresso gratuito
Per gruppi di persone si consiglia di prenotare per tempo la visita del Castello. Compatibilmente con la disponibilità il Comune di Scilla mette a disposizione, all’interno del Castello, una guida che ne illustri le caratteristiche.
Per la prenotazione della visita si consiglia di inviare un fax al numero 0965-754704, specificando data e luogo della visita, numero dei componenti del gruppo e precisando se si richiede anche una guida, nei termini di cui sopra.
Per eventuali INFORMAZIONI è possibile telefonare al seguente numero telefonico: 0965-704207
Il Castello di Scilla
L'origine dell'insediamento abitativo, posto sulla cima della roccia che domina la cittadina della Costa Viola, è molto dubbio e si confonde tra mito e leggenda. Il primo riscontro oggettivo sulla presenza di uno spazio popolato giunge dal libro XII dell'Odissea. Omero, infatti, riporta che Ulisse dedicò alla dea Minerva un tempio edificandolo, appunto, sulla cima dell’ inespugnabile promontorio. Successivamente l'imponente scoglio fu occupato dai Tirreni, i quali lo utilizzarono come punto di avvistamento e base di partenza per le loro incursioni piratesche. Secondo le ricerche effettuate dallo storico locale, canonico Giovanni Minasi, nel 493 a.c., il tiranno di Reggio, Anassila, dopo avere scacciato i Tirreni da Scilla, fortificò la difesa della rocca, prevenendo eventuali attacchi. L'intervento di Anassila determinò, di fatto, l'ingresso di Scilla tra i centri appartenenti alla Magna Grecia. La rocca fu, poi, fortificata dai Romani ed, in seguito, occupata dalle orde barbariche di Gianserico. Nel 536 l'esercito di Belisario, conquistata Reggio, estese il dominio bizantino anche su Scilla. Durante questo periodo la rupe perse la sua destinazione originaria d’insediamento militare, ospitando un monastero amministrato dai padri Basiliani, introdotti dall'imperatrice Teodora. Nello stesso sito fu edificata una chiesa, di rito italo – greco, dedicata a San Pancrazio. I monaci erano degli abili incisori e trascrittori. Ben presto il monastero di San Pancrazio diventò centro di riferimento culturale tra i più importanti dell'intera terra Bruzia. Tra il 1060 e il 1071 avvenne la conquista Normanna. Il monastero di San Pancrazio, ottenne particolari agevolazioni da Ruggero II d'Altavilla. Nel 1189, alla casa Normanna subentrò quella Sveva che non apportò particolari modifiche all'ordinamento locale. Nel 1255, il castello, fu dato da Manfredi a Pietro Ruffo, Conte di Catanzaro, il quale lo ampliò e lo fortificò aumentando il numero delle truppe di presidio. Era circa il 1300, quando i Basiliani, lasciato il castello, si stabilirono a Pacì. Estintasi la dinastia Sveva, Scilla divenne piazza d'armi, alternando il dominio tra Aragonesi e Angioini. Nel 1421, Alfonso d'Aragona donò il castello a Guttierez de Nava, il quale fortificò a sua volta l'antico maniero. A questi successe il fratello Consalvo.  Nel 1424, i monaci Basiliani abbandonarono definitivamente Scilla. La congiura dei baroni del 1485, coinvolse la famiglia de Nava, quindi, la castellania, fu affidata ad un regio capitano. In seguito ai successivi mutamenti politici, i de Nava, riebbero il feudo di Scilla. Ma, nel 1533, Gutterra de Nava, figlio di Pietro, oberato dai debiti, cedette il feudo al cognato Paolo Ruffo, conte di Sinopoli. I Ruffo, detennero il titolo baronale sino all'eversione della feudalità. Il 1620 segna la svolta per la cittadina tirrenica e, di conseguenza, per il suo castello. La blasonata famiglia calabrese, spostò la sua residenza dal palazzo gentilizio di Chianalea trasferendo la propria dimora all'interno del manufatto militare. I Ruffo apportarono varie e notevoli modifiche alle strutture abitative presenti nell'antico manufatto militare. Inoltre, nei sotterranei della fortezza, vennero ubicate le tremende carceri. Queste erano suddivise in vari gradi punitivi. Per i delitti più gravi veniva utilizzata la cosiddetta "fossa", un ambiente umido e privo di fonti di luce. In questi lugubri locali, gli armigeri propinavano ogni tipo di nefandezza nei confronti dei prigionieri. Il titolo di principe di Scilla fu concesso, nel luglio del 1578, da re Filippo, a don Fabrizio Ruffo. Agli inizi del 1700, il castello perse la sua funzione militare. Per ordine del principe Carafa, il comandante della piazzaforte di Reggio, Enrico Lodovico Conte di Welz, prelevò da castello Ruffo, 74 barili di polvere da sparo, 69 cassette di palle per moschetti, 291 granate, 1000 pietre focaie e 3880 palle per cannone. Nel 1713, in occasione della guerra di successione al trono di Spagna, il castello venne in parte occupato dagli Austriaci. A seguito della pace di Vienna (1738), il Regno delle due Sicilie fu assegnato ai Borboni. Il tragico sisma del 5 febbraio 1783, provocò la caduta dell'ala esterna lato mare e della chiesa di San Pancrazio. Il sovrano Ferdinando IV di Borbone, inviò in Calabria le squadre di soccorso che erano coordinate dal vicario reale, principe Francesco Pignatelli. Il delegato regio, dopo avere visitato il castello, decise di far chiudere l'immondo penitenziario, disponendo l'arresto degli armigeri del principe, ritenuti i principali responsabili delle pervertite violenze inflitte ai reclusi. Inoltre, il principe Pignatelli sciolse definitivamente il presidio di truppe baronali. Dopo la caduta della Repubblica Partenopea, le armate francesi di Napoleone invasero il Regno di Napoli. I transalpini, istituirono nel castello un presidio (200 uomini) comandato dal colonnello Michel. Nel 1803, morì Francesco Fuco Ruffo, ultimo feudatario di Scilla. Poi, tra 1806 il e il 1809, venne applicata la legge sull'eversione feudale. Quindi, la famiglia Ruffo si trasferì da Scilla. Per alcuni anni il possesso del castello si alternò tra le truppe francesi e quelle inglesi. Nel 1808, i francesi, dopo un lungo assedio, riuscirono ad impossessarsi del manufatto militare, costringendo i militari inglesi a fuggire e raggiungere il mare calandosi da una scala segreta, i cui gradini, in parte, sono ancora visibili. Un episodio luttuoso e controverso che, ancora oggi, non è stato chiarito definitivamente, riguarda una esplosione, avvenuta nella santabarbara del castello, che causò la morte del capitano Bonavita e del sottotenente Emanuele. La versione ufficiale afferma che, il 12 luglio 1812 un fulmine abbattutosi nei locali adibiti a polveriera provocò una devastante esplosione. Secondo alcune ricerche effettuate dallo storico Antonio Capograssi, il contingente di 3.000 francesi accampato nei Piani della Melia, che assediava il forte di Scilla, riuscì a conquistare il castello, rispedendo oltre Stretto gli inglesi. Ma, il generale Partouneaux, dopo avere ricevuto l’ordine del re di muovere verso la capitale fece saltare in area la fortezza. Scoppiata l'insurrezione contro i Borboni (1847), al castello venne dichiarato lo stato d'assedio. Nel 1860 i soldati borbonici, non opposero resistenza alle truppe garibaldine che si insediano nel castello, dopo che, il comandante della guarnigione napoletana Polistena, consegnò "amichevolmente" la fortezza. Costituita l'unità d'Italia, tra il 1861 e il 1876, il castello ospitò, oltre al distaccamento d'artiglieria, una guarnigione della Guardia nazionale italiana, comandata dal capitano Costantino Melidoni. Dell'antica e splendida residenza dei principi Ruffo, oggi non restano che ruderi ed alcuni sotterranei. Il terremoto del 28 dicembre 1908, determinò il crollo degli ultimi resti della residenza nobiliare, compromettendo l'utilizzazione della vasca refrigerante della stazione foto - elettrica. In tempi recenti e fino alla seconda guerra mondiale, la rocca, divenne alloggio del Presidio militare reggino e sede del centro d’avvistamento dell’artiglieria da costa della 14° Legione della Milizia marittima. Una parte del castello, invece, venne destinata alla Marina militare, che è tuttora presente con una stazione di segnalazione ai naviganti. Attualmente alcuni locali sono stati adibiti per ospitare varie attività culturali. Ed ancora,  le ampie scuderie, le cucine ed alcune stanze e depositi militari sono state restaurate. Inoltre, il castello è sede del Centro di recupero regionale della facoltà di Architettura dell'Università di  Reggio Calabria. Tra le opere conservate nel maniero da segnalare: il portone d'ingresso, sovrapposto dallo stemma araldico della famiglia Ruffo e da un'iscrizione riguardante il feudatario Paolo (1543); il medaglione marmoreo, raffigurante la Madonna col Bambino in Gloria (presunto normanno), che sormonta il portale d'accesso alla piazza d'armi; il monumento posto a ricordo dei due ufficiali del Real Reggimento periti nell'esplosione del 1812; la gradinata che portava all'abitazione del principe, poggiata su volte a botte e a crociera rivestite di pietra di Siracusa; una scritta, incisa su pietra, da tale Antonio Timpano, nel 1576, sormontata da un sole nascente.
Tratto dal volume
Scilla Aquila d'argento
©2001 Arbitrio Editori Sas - Testo di Pino d'Amico.